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Comune di Manziana

IL GIORNO DEL RICORDO: LE PAROLE DEL SINDACO BRUNI

Ricorre oggi il Giorno del Ricordo istituito con la legge 30 marzo 2004 n. 92, per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.” Queste le parole del Sindaco Bruno Bruni:

“Questo è il mio decimo anno da Sindaco del mio paese e nel corso di tutti questi anni, nell’ambito delle ricorrenze dedicate alla memoria, ho sempre cercato di trasmettere il concetto che di fronte a certi abomini non esistono e non devono esistere colori politici.
L’olocausto è una macchia indelebile nella storia dell’intera umanità e il massacro delle foibe, come tutti gli altri massacri nel mondo, non lo sono certo di meno.
Non deve e non può esserci paragone perché le forme del male assoluto non hanno colore o gradazione. Perché a fare del male sono sempre gli uomini, qualunque colore essi abbiano, qualunque parte politica essi sostengano. Si possono avere delle idee politiche ma si può e si deve avere la giusta lucidità per capire quali sono stati gli errori, specie se questi sono stati così gravi da avere distrutto irreparabilmente la vita di altri uomini, donne e bambini.
La politica non può mai essere complice o responsabile di eccidi, da qualsiasi parte questi vengano commessi prima e nascosti poi.
Oggi quindi ricordiamo una pagina nera della nostra storia: un capitolo che ha visto gettare realmente dentro inghiottitoi carsici corpi umani senza vita ma purtroppo anche di persone ancora coscienti che avevano una casa, una famiglia, degli amici e degli affetti.
Un capitolo per tanti anni, troppi, probabilmente per vergogna, gettato in un angolo e lasciato nel buio, quasi a non volerlo fare vedere, tanto fosse doloroso e drammatico.
Dare luce a quelle storie credo sia il minimo che oggi possiamo fare.

Ecco, quindi, oggi non c’è discorso migliore che non leggere il racconto lucidamente terribile di Giovanni Radeticchio, superstite di quel massacro:
«dopo giorni di dura prigionia, durante i quali fummo spesso selvaggiamente percossi e patimmo la fame, una mattina, prima dell’alba, sentii uno dei nostri aguzzini dire agli altri “facciamo presto, perché si parte subito”. Infatti poco dopo fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre a quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia. Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno venti chili. Fummo sospinti verso l’orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c’impose di seguirne l’esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il masso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di circa dieci metri e una profondità di quindici sino la superficie dell’acqua che stagnava sul fondo. Cadendo non toccai fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole “un’altra volta li butteremo di qua, è più comodo”, pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott’acqua schiacciandomi con la pressione dell’aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutive, celato in una buca. Tornato nascostamente al mio paese, per tema di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. E solo allora potei dire di essere veramente salvo.»”

Il Sindaco
Bruno Bruni